Le zine sono uno spazio libero, fuori dai meccanismi commerciali dell’editoria. Sono fatte da chi ha qualcosa da dire, senza dover chiedere il permesso a nessuno.
Questa zine/blog nasce proprio con quello spirito: condividere parole, visioni, riflessioni che sfuggono alle logiche di mercato. È un territorio libero, un esperimento editoriale aperto.
Durante la Prima guerra mondiale si definiva “terra di nessuno” lo spazio tra le opposte trincee, spesso disseminato di filo spinato, mine, cadaveri e crateri d’artiglieria. Era lo spazio del rischio, della morte e dell’abbandono, ma anche — paradossalmente — l’unico luogo libero, senza un potere reale.
Nel diritto internazionale, una "terra nullius" è un territorio non rivendicato da nessuno Stato. In psicoanalisi la “terra di nessuno” è lo spazio mentale tra sogno e realtà, creatività e trauma. In letteratura è il luogo dell’erranza, dello spaesamento, dell’identità fluida.
A partire dagli anni ’70 si inizia a parlare di “terre di nessuno” anche per indicare un contesto urbano: fabbriche dismesse, periferie dimenticate; marginalità sociale, occupazioni, spazi di autogestione culturale. La terra di nessuno diventa luogo di resistenza, sperimentazione, arte fuori mercato. Il luogo dove nascono i centri sociali, le fanzine, le radio libere.
Spazio liminale, voce senza confini. Luogo sospeso tra territori contesi, che non appartiene a nessuno e, proprio per questo, può appartenere a chiunque. Zona franca, dove l’identità si riscrive fuori dai confini imposti. Scrivere è attraversare questa terra: senza bandiere, senza padroni, senza l’obbligo di spiegarsi o definirsi.